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“Wake me when it’s over”: svegliatemi quando è finita…


Sembra che si stia chiudendo una lunga e piacevole epoca d’oro. In queste circostanze, non sarebbe una sorpresa se la reazione del grande pubblico fosse quella di volerne sapere il meno possibile.

Anche quest’anno il Reuters Institute in collaborazione con l’Università di Oxford ha diramato il Digital News Report 2022 che fornisce un accurato spaccio del mondo dell’informazione in rete in 46 paesi. Il rapporto dello scorso anno conteneva alcuni segnali positivi per l’industria delle notizie, con consumi più elevati e fiducia in aumento nonostante ci trovassimo nel bel mezzo di una seconda ondata di contagi da Coronavirus.

Molti brand di notizie tradizionali sembravano beneficiare non solo di una maggiore attenzione, ma anche finanziariamente, con un numero maggiore di persone che si abbonavano online e inserzionisti che cercavano di associarsi a contenuti affidabili. Oggi, esattamente un anno dopo, troviamo un quadro leggermente meno ottimista.

L’interesse e il consumo generale di notizie è diminuito considerevolmente in molti paesi, mentre la fiducia è diminuita quasi ovunque. Stiamo anche assistendo alla manifestazione di una certa stanchezza delle notizie – non solo intorno al COVID-19, ma intorno alla politica e ad una serie di altri argomenti – con un numero di persone che oramai evitano le notizie in netto aumento.

Da sottolineare il cambiamento delle abitudini dei gruppi più giovani, in particolare quelli sotto i 30 anni, che le testate giornalistiche spesso faticano a raggiungere. I dati di sembrano confermare come i vari shock degli ultimi anni, inclusa la pandemia di Coronavirus, abbiano ulteriormente accelerato i cambiamenti strutturali verso un ambiente mediatico più digitale, mobile e dominato dalle piattaforme, con ulteriori implicazioni per i modelli e i formati di business di giornalismo.

IN ITALIA

L’impatto della transizione digitale nei media italiani si è finalmente manifestato con le prime posizioni raggiunte da player digitali. La rivoluzione digitale è stata più lenta in Italia che in altri sistemi mediatici europei. Le testate giornalistiche legacy (Corriere, Repubblica ecc ecc) hanno dominato il mercato delle notizie online per molti anni.

Nel 2022, per la prima volta, un canale di origine digitale, Fanpage, ha ottenuto la più ampia portata online (21%), superando le emittenti affermate, la principale agenzia di stampa italiana (ANSA) e le più importanti testate giornalistiche (qui).

Altri punti vendita nati nel digitale che hanno ottenuto buoni risultati online sono stati l’HuffPost (9%), Il Post.it (7%) e Open (4%). Il mercato dell’informazione offline, invece, è ancora dominato dalle principali emittenti italiane (la RAI e gli operatori commerciali Mediaset, StyTg24 e TgLa7), seguite da testate affermate come La Repubblica e Il Corriere della Sera.

L’effetto di tutto ciò sulla ‘classica’ stampa convenzionale è evidente, come nel caso de Il Sole 24 Ore, fino a tempi relativamente recenti un’istituzione unica, il maggiore giornale economico d’Europa, con una circolazione superiore a quella del Financial Times inglese. Finiva sulla scrivania di ogni dirigente d’azienda in Italia.

Che fine ha fatto oggi? Ha dovuto abbandonare la fastosa sede di Via Monte Rosa a Milano, progettata da Renzo Piano, per trasferirsi in uffici anonimi dell’Urban Cube alla Bicocca. Lì il giornale sopravvive con le unghie e con i denti!

‘Fanpage’, registrata nel 2011 partendo da una pagina Facebook e ormai composta da una redazione indipendente di 60 giornalisti/collaboratori, è leggera, popolare, parecchio orientata alla cronaca nera e al ‘celebrity gossip’, ma dà le notizie e non è fatta male—anche se non è certo una testata di ‘approfondimento’.

I tempi cambiano, e non sempre a un ritmo graduale. Chiudere gli occhi davanti a questi stravolgimenti è molto umano e forse, in fondo, una reazione ragionevole all’eccesso di novità—di cui troppe sgradite. “Wake me when it’s over”, si dice in inglese, ‘svegliatemi quando è finita…’