Vincitori e perdenti


Passata la febbre elettorale, una volta tanto non hanno vinto tutti. Anzi, tranne Fratelli d’Italia, hanno perso tutti, anche chi si proclama vincitore, come Conte.

            Il PD è alle corde. La dissennata politica del cosiddetto “campo aperto” si è risolta in una specie di campo santo.  Il PD scende sotto il 20% e perde anche 800.000 elettori rispetto alle ultime elezioni, perde la Bonino, alleata, che non viene eletta, e Impegno civico, di De Maio, che non supera neppure l’1%. Un disastro epocale. Letta, che è un gentiluomo, annuncia che non si ripresenterà come Segretario del partito al prossimo congresso. La sua politica è fallita.

Il Movimento di Conte dal 1° posto alle precedenti elezioni è sceso al 3°. Per Conte si tratta di un gran successo, considerato il fatto che tutti lo davano per spacciato. Non è stato così, ma se si pensa ai sei milioni di voti che 5Stelle hanno perduto dopo l’exploit delle ultime elezioni, il Movimento risulta più che dimezzato. Una bazzecola. Conte è riuscito a fermare la frana con la difesa del reddito di cittadinanza, ma il risultato elettorale è totalmente negativo, checché ne dica lui.

L’unico elemento innovativo è che, collocandosi Conte alla sinistra del PD, sarà la vera opposizione, cosa di cui il PD, al governo da dieci anni senza mai vinto un’elezione, ha perso l’abitudine.

Altro fallimento è il cosiddetto Terzo Polo, che ora è il Quarto, di Renzi e Calenda. Un misero 7% che frustra le ambizioni dei due personaggi. Ricordano il titolo di una vecchia commedia: Tanto rumore per nulla. Quanto durerà questa inusitata unione dell’ultimo minuto?

La Meloni ha vinto a piene mani, riducendo a ombre anche i suoi alleati.  Forza Italia vivacchia con il ritorno di Berlusconi al Senato, con la Presidenza della Regione Sicilia e con la soddisfazione di vedere la Lega al di sotto di Forza Italia.

La Lega ha perso numeri, oltre 2 milioni di elettori, e la faccia, perché non è più un partito nazionale, ma si è ristretta solo al nord, come alle origini.  Dal 34% è passata a poco meno dell’8%. Salvini, che non è un gentiluomo come Letta, fa finta di niente e non prende atto della sua disfatta politica. Anzi, rialza il tiro, contro il parere dei Governatori della Lega e del suo elettorato che sono in rivolta. Adesso abbiamo un partito del Sud, quello di Conte e uno del Nord, la Lega ristretta dopo la cura Salvini.

Ora il sistema cambia faccia, sempre che Il Presidente della Repubblica, che è l’arbitro degli incarichi, affidi alla Meloni il governo del Paese.

Intanto, fioccano i commenti, nazionali ed esteri su questa rivoluzione elettorale.

I più sono commenti preoccupati per il “filo fascismo” emergente in Italia. A un secolo dalla Marcia su Roma, tutto ciò è davvero fuori tempo, ma occorrerà tener conto dei pareri degli altri. L’Italia non è sola nel mondo, ma è inserita in un contesto complesso che investe non soltanto la sua politica estera ma anche la sua economia, in un momento di crisi profonda dovuta alla guerra in Ucraina, alla situazione energetica, all’inflazione crescente e al disagio profondo della gente che deve provvedere a spese impreviste che strangolano i bilanci familiari e quelli delle imprese.

Il nuovo governo dovrà misurarsi con scelte di campo tanto difficili quanto dolorose. Sarà la Meloni all’altezza della situazione? D’altro canto, qualunque altro governo lo sarebbe stato?

Si apre un periodo oscuro e difficile. È sciocco farsi delle illusioni: il cammino sarà molto arduo, nonostante la forte maggioranza che sosterrà la Meloni. L’opposizione non farà prigionieri e la diffidenza dei nostri partner europei sarà molto elevata.

A prescindere dai fatti interni, il nuovo governo dovrà destreggiarsi fra le simpatie di Polonia e Ungheria, gli ammiccamenti di Mosca, la diffidenza cauta della Francia e Germania e la posizione piuttosto forte assunta dall’Unione Europea che, a detta della Von der Layen, se l’Italia sgarra, ha tutte le misure opportune per riportarla sulla retta via. Dichiarazioni inammissibili ma comprensibili, perché l’Italia, nonostante tutto, è ancora la terza economia dell’Europa.

Basterà dichiararsi fedeli alleati degli Stati Uniti, filo atlantisti e filo europeisti, confermare le scelte del governo Draghi nei confronti dell’Ucraina e delle sanzioni alla Russia? Forse, una mossa azzeccata sarebbe una visita della Meloni a Zerenski, prima di qualunque altro incontro diplomatico. Metterebbe tutti a tacere.

Il nuovo governo sarà composto da Ministri, ovviamente, scelti dalla Meloni. Si parla di un governo dei migliori. Chi sarà nominato? È ancora troppo presto per il toto-ministri e qualcuno della Lega e di Forza Italia farà parte del nuovo gabinetto, ma gli altri? È sperabile, ad esempio, che al Ministero degli Affari Esteri vada qualcuno che ne capisce e che abbia un certo peso. Per troppo tempo quel Ministero è stato occupato da ombre e la nostra credibilità internazionale non può reggersi solo sul Presidente del Consiglio di turno, come è accaduto con Draghi che, però, aveva statura ed esperienza per due.

Il PNRR è la nostra valvola di sicurezza. Accantonarlo o rinviarlo alle calende greche per la riformulazione di alcuni punti sarebbe un grave errore non solo economico, ma anche politico rispetto all’Unione Europea.

Politica estera e politica interna s’intrecciano, urgenze improrogabili, quelle vere, che interessano i cittadini: bollette, energia, lavoro, sanità, inflazione, debito pubblico, il n bilancio. C’è da tremare. Altro che riforma della Costituzione! Quella, al momento, non interessa nessuno.

Si apre uno scenario fino a poco fa quasi impensabile. Nonostante l’assenteismo, buona parte del Paese che ha votato, ha votato per un cambiamento. Non lo si è avuto con 5Stelle, forse non lo si avrà neppure con Fratelli d’Italia. Ma la gente ci ha provato. Non bisogna deludere chi ci ha creduto.

Stelio W. Venceslai


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