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Perché il cibo biologico non è poi così caro come dicono


Cibo commerciale e cibo biologico, ecco cosa ho comprato con cinquanta euro e cosa ne ho dedotto

L’uomo è ciò che mangia” se dovessimo applicare alla lettera quanto scriveva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach dovremmo preoccuparci più della pancia che del pensiero. In effetti secondo la sua dottrina, il pensiero nasce dal corpo e se ques’ultimo è trattato bene anche il pensiero che ne scaturisce sarà di buona qualità.

Dopo anni che ho sentito ripetere dalla maggior parte delle persone sempre la stessa frase come un temibile mantra: “il cibo biologico costa troppo e non posso permettermelo”, ho deciso di affrontare definitivamente la questione e condurre un semplice esperimento.

Un carrello ci schiaccerà (Banksy)

Avrei speso nel medesimo supermercato, in settimane diverse, cinquanta euro di spesa nei corridoi alimentari “commerciali”, cinquanta in quelli biologici e succesivamente avrei messo a confronto i due carrelli e analizzato i due diversi approcci comportamentali. Detto fatto!

La prima spesa è stata quella “commerciale”. Dopo quarantacinque minuti di via vai yfrenetico tra scaffali senza fine che esponevano migliaia di prodotti alimentari in formato maxi ho riempito un carrello di: quattro confezioni di pasta, due barattoli di pomodori pelati, pane di grano duro russo, grissini, tarallucci, gallette, una confezione di pesto, due di ragù pronto, biscotti, latte, burro, nutella e pancarrè. Una bottiglia di vino nazionale di cooperativa sociale, due birre in lattina estere, una confezione da sei di acqua naturale e una di Fanta. Mozzarella in offerta in confezione da tre, würstel familiari con super sconto, un barattolo di maionese gigante, detersivo per lavabiancheria, tovaglioli di carta, piatti di plastica e cotolette di pollo panate surgelate. Infine, prima di pagare alla cassa, ho tirato dentro in extremis una confezione di patatine al formaggio per l’aperitivo e batterie ministilo per il telecomando del condizionatore elettrico.

Mi sentivo soddisfatto. Appagato. Con il carrello pieno e con una strana euforia in testa, al solo pensiero di aprire la confezione di tarallucci e gustare già in macchina quelle prelibatezze pugliesi al finocchietto selvatico.

Critica al consumismo di Banksy

Dopo qualche settimana mi sono nuovamente presentato presso il medesimo supermercato. Stavolta però, avrei utilizzato le cinquanta euro, per la parte di spesa alimentare, solamente nel reparto biologico.

La prima rinuncia l’ho dovuta fare con il carrello grande in metallo. Mi sono dovuto accontentare di portare a mano il carrello in plastica ypiccolo. Senza che me ne fossi accorto era stato assestato dal modello consumista il primo colpo basso alla mia autostima!

Mi sono diretto quindi verso il reparto biologico a scoprire un mondo. La prima evidenza balzata agli occhi, al termine delle operazioni preliminari, è stata quella che a parità di tempo avevo comprato la metà dei prodotti, portando però a casa davvero l’essenziale. 

Camminando nei due corridoi biologici, mi sono accorto che in realtà di stare passeggiando, soffermandomi davanti ad ogni prodotto, leggendo attentamente ogni singola etichetta, e valutandone con calma la provenienza e la genuinità. Dal grano duro per la pasta ai pomodori per il sugo. La tracciabilità del latte e il burro chiarificato. Ho scoperto che esistono hamburger vegetali e surrogati senza colesterolo della carne. Olio locale, ricotta fresca locale, biscotti senza conservanti e grassi idrogenati. Riso biologico, legumi e petto di pollo allevato libero in ettari di terreno a disposizione.

A proposito del pollo, non ci crederete, ma persino il colore della sua fibra è diverso! Quello commerciale, allevato intensivamente risulta essere clorotico e pallido, quello ruspante ha un colore tendente al giallo chiaro; e naturalmente, ho constatato che anche il gusto risulta essere davvero gratificante.

Da un’attenta lettura degli scontrini, dunque, emergeva una verità apodittica e sconcertante: vero era che i cibi biologici unitariamente costavano di più, ma era anche vero che proprio perchè più costosi mi avevano indotto inconsciamente ad eliminare tutti quei prodotti inutili, superflui e dannosi per la salute se assunti quotidianamente. Non figuravano, Nutella, würstel, grissini, tarallucci, patatine e bibite gassate; per non parlare poi della qualità della materia prima.

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