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La discriminazione dei “singleism”


Viviamo una fase di spettacolari trasformazioni nelle società occidentali, come l’abbandono improvviso da parte dei giovani italiani dell’automobile, il cui utilizzo è stato a lungo vissuto come conferma della propria maturità ed emancipazione.

Notizie di stampa indicano che si è passati da oltre un milione di autovetture intestate ad under 25 nel 2011 a circa la metà nel 2021. Lo stesso vale per i permessi di guida: secondo quanto emerge dai dati contenuti nei preventivi per le assicurazioni online, solo la metà dei diciottenni prende la patente oggi. Fino a dieci anni fa, il valore sfiorava il cento per cento.

È un cambiamento interessante ma modesto se paragonato alla trasformazione di un’istituzione vecchia come la nostra civiltà: il matrimonio. Per l’Istat, il 33,2% dei ‘nuclei familiari’ italiani è già costituito da una sola persona. Negli Usa—spesso considerato un paese che anticipa le evoluzioni sociali—il 50% degli adulti è ormai single.

Così si arriva allo sviluppo del singleism—‘singolismo’—un brutto neologismo per descrivere i ‘soprusi’ che i single anglosassoni subirebbero per il fatto di non essere sposati. Ogni volta che si riconosce una nuova distinzione demografica qualcuno inventa un termine per denunciare le discriminazioni che la nuova ‘minoranza’—mica tanto in questo caso—deve sopportare, a partire da quelle linguistiche.

In inglese la donna non maritata è una spinster (zitella), mentre l’uomo senza moglie è un bachelor (scapolo). La zitella—almeno per il sapore della parola—dovrebbe essere ‘sola’ e ‘inacidita’, mentre lo scapolo nell’immaginario collettivo sarebbe invece un maschio felicemente ‘libero’ che si gode la vita. Il peso delle sfumature relative ai due termini—che  descrivono la stessa condizione di non essere sposati—è nettamente a sfavore della parte femminile in entrambe le lingue, inglese e italiano.

Obiezioni più concrete riguardano la discriminazione fiscale in molti paesi. È comune che il livello di tassazione del reddito dei single sia più pesante di quello della coppia ‘legittimata’ dal matrimonio. Qualcosa di simile esiste anche nel mondo di lavoro, dove gli ‘sposati’ tendono ad essere favoriti in quanto ritenuti più ‘stabili’ e più ‘responsabili’. ll concetto è spesso una giustificazione per pagare meno le donne, visto che ‘dovrebbe’ esserci da qualche parte un uomo pronto a mantenerle…

Sono peccati di scarsa equità non più giustificati dai fatti, e quando passano ad affliggere la maggioranza dei cittadini/elettori, è inevitabile che cresca anche la pressione politica per sradicarli. È solo l’inizio di un lungo elenco di ‘difficoltà’ in arrivo con la nuova società che avanza.