Il male dell’anima nella società del benessere


Si parla tanto di benessere, del benessere psicofisico, dello stare bene, sentirsi bene, della conoscenza del Sé. Ne abbiamo talmente bisogno da ricorrere, rincorrere e prendere a prestito le culture orientali.

Forse perché nel mondo occidentale non riusciamo a trovare quella che chiamiamo felicità

Da medico cardiologo mi sono resa conto che il cuore non è solo normale, ipertrofico, dilatato, aritmico, ma anche stanco, deluso, amareggiato. Perché è nel cuore che viene considerata riposta l’anima.

È vero che si potrebbe localizzare anche nei recessi cerebrali più nascosti, ma è il cuore la sede a cui attribuiamo la casa dell’anima.

Stiamo male? E allora la frequenza cardiaca aumenta, come per una febbre.

Siamo delusi? E sentiamo il battito rallentare. 

Abbiamo paura? Sembra che il cuore si fermi o acceleri bruscamente.

Un lutto, una separazione? E un battito d’ali prende il volo, il respiro si fa corto e le palpitazioni aumentano.

Il mal d’ amore non si può curare come il mal d’auto.

È complesso. Può sembrare simile, a molti, pare che accomuni, ma ogni storia è un universo, ogni sensazione è particolare.

Da cardiologa ho sempre ascoltato il cuore oltre i toni cardiaci, le pause, i soffi, le aritmie. Ascolto come in confessione, con quella penombra che l’esame ecografico richiede, ma non solo per vedere nitide le immagini sul monitor, ma per sentirne l’anima.

Chi ti racconta di una vita ingrata, faticosa, crudele, porta una mano sul cuore , come a volerlo comprimere. Chi chiede venia intreccia le dita delle mani e le avvicina al cuore, come nelle preghiere, del Credo,del Confiteor, del Rosario.

Il cuore come rifugio, contenitore di segreti e speranze, sede dell’anima, che assetata d’amore chiede conferme, empatia, solidarietà, anche nella società della presunta opulenza.


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