AOSTA – Il consenso alla sperimentazione della terapia con plasma iperimmune per i malati di coronavirus, garantito dal Comitato Etico Regionale, non può che rasserenare e riservare nuovi, promettenti orizzonti per la sconfitta di questa gravissima patologia.
L’adesione della Valle d’Aosta al protocollo di Studio Multicentrico, coordinato dalla Città della Salute e della Scienza, di Torino (ospedale Molinette), è stata amplificata dalla spontanea iscrizione di un numero notevole di pazienti guariti disponibili a donare il proprio plasma.
A quale tipologia di pazienti potrà essere utile per assicurare la completa guarigione?
Risponde il dottor Pierluigi Berti Direttore del Dipartimento di Patologia clinica e Struttura Complessa di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’ospedale ‘Parini’, di Aosta “Questa terapia è già stata attuata, in passato, nei casi di epidemia di Ebola e Sars. Esperienze interessanti – sottolinea – ma basate su casistiche modeste”.

Il medico tiene a precisare la quasi totale inesistenza dei rischi “in quanto – specifica – parliamo di un prodotto sottoposto a procedure di inattivazione. Esiste, in ogni caso, il rischio generico delle complicanze trasfusionali del plasma e, in teoria, è anche possibile che la risposta conseguente alla somministrazione possa, in alcuni casi, innescare una recrudescenza della sintomatologia polmonare”.
Gli anticorpi della speranza. Opportunità terapeutica che potrebbe salvare tante vite, in attesa del vaccino. Un’attesa impossibile da quantificare; lo ammettono gli stessi scienziati impegnati, a livello mondiale, in una ricerca priva di sponde certe. Semmai, marchiata a fuoco dall’incognito, dalla insidiosa e continua mutazione di questo virus che, per millenni, ha vissuto nel corpo dei chirotteri, prima di invadere gli esseri umani.
“Non sono anticorpi prodotti dal paziente – riprende Pierluigi Berti – ma sono presenti nel plasma trasfuso e gli anticorpi infusi sono destinati a scomparire nel giro di alcune settimane o mesi”.
Senza alimentare troppe illusioni, l’Immunoematologo rassicura sulla naturale produzione del malato di propri anticorpi, con il tempo, in risposta al contagio da coronavirus.
La Scienza mondiale porta ad Hong Kong, la metropoli cinese in cui studi mirati evidenziano il momento più proficuo per ‘raccogliere’ il plasma da convalescente: il quattordicesimo giorno dalla risoluzione dei sintomi. “Il donatore-paziente – rilancia il dottor Pierluigi Berti – deve essere guarito con la dimostrazione di due tamponi negativi a distanza di 24 ore”.
Delinea le possibili prospettive nel nostro Paese, soffermandosi sull’avvio o sulla fase di avvio dei protocolli clinici con questo plasma. “Protocolli – puntualizza – che devono definire le tipologie di pazienti ai quali proporre il trattamento. Una terapia preceduta da test previsti dalla legge, oltre a test aggiuntivi per altri agenti trasmissibili. Un plasma per cui sono indispensabili trattamenti di inattivazioone dei patogeni“.
“